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LA MIA VITA
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prima parte
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radames gabrielli
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Il mio ricordo incomincia all’età di circa quattro anni, eravamo accampati con le nostre piccole roulot e carri in mezzo agli alberi di melo, in piena campagna, mi sembra di ricordare che era caldo, mio zio stava strigliando il suo cavallo, non mi ricordo bene se era bianco oppure nero, ma mi ricordo che prese me ed i miei cugini e ci a messo in groppa al cavallo, lui teneva sia noi che il cavallo con le redini, era molto bello, ci divertivamo un mondo, ma ero molto piccolo perciò i miei ricordi saltano ad anno a anno, mi ricordo che ci fecero accampare in via San Maurizio, a Bolzano, avevo si o no cinque anni, eravamo accampati tutti insieme, la mia famiglia, i miei nonni con i propri figli a altri parenti come zii, cugini ecc. i miei avevano una carovana di circa cinque metri, l’interno era composto di una stufa a legno che era usata sia per scaldare che per uso cucina, un letto per i miei genitori e qualche sedia e tavolo. I miei genitori avevano avuto dieci figli, “pensate in una carovana di 5 per 2 metri in dodici persone” la sera tutti noi figli dormivamo in un grande letto per terra, in mezzo alla carovana, era anche bello, ma per i bambini tutto e bello, perchè i bambini sono bambini e non devono sapere niente dei problemi della vita, all’epoca c’era tanta neve, ed era molto freddo, e noi ci scaldavamo solo con una stufa piccolissima ad legna.
Eravamo accampati all’inizio di un bellissimo bosco, un giorno vennero delle ruspe mandate dal Comune “almeno credo” tutti noi bambini eravamo molto curiosi, ci piaceva vedere e correre intorno alle ruspe, siccome eravamo in molti e all’inizio del bosco non ci stavamo, allora vennero a fare una strada che portò all’interno del bosco, era un bosco di montagna, perciò fecero una strada in salita piana di curve, fecero delle piccole piazzole per metterci con le nostre roulot, mio padre si andò a mettere alla fine della strada, fino in cima, si fece una piazzola in mezzo alle piante, mi ricordo che mio padre e mio zio, si misero a costruire una piccola roulot di faigite, con dei piccoli listelli di legno, era per mio zio, una volta non le compravano come facciamo oggi, li costruivano come volevano loro, noi bambini salivamo ancora prima che la finissero, e mio padre ci sgridava.
Finita la roulot mio padre pian piano cominciò a costruirsi una piccola casetta di legno, mi ricordo perchè eravamo molto contenti di avere una casa tutta per noi, mio padre era molto bravo, così si mise a costruire la casa, tutti gli davano una mano, diventava sempre più bella, e più grande, c’era la camera da letto per i miei genitori con una porta, la cucina ecc. era una bellissima casetta, sembrava una casa di cow boy del west americano. Ma ci mancava l’acqua e la luce, per la luce non mi ricordo come fece mio padre, ma per l’acqua mi ricordo. Mio padre andò a comprare un lunghissimo tubo grande, siccome dalla montagna scendeva un piccolo ruscello, chiamò i miei cugini e i miei fratelli più grandi, fece tirare il tubo fino su sulla montagna, il più alto possibile, dove nessuno andava a sporcare l’acqua, prese un imbuto lo infilò nel tubo, sopra l’imbuto ci mise un retina molto fina, con dei buchi molto piccoli, in un modo che passasse solo l’acqua e non le impurità, costruì una specie di filtro.
Intanto compro anche del cemento, della sabbia, delle tavole e costruì una grande fontana, dove si poteva bere e anche lavare tutto quello che si voleva. Tutti erano contenti, avevamo l’acqua vicinissimo a casa, non occorreva più andare a prenderla con i secchi d’alluminio, molto pesanti nel portare a spalla.
Quella casetta in mezzo al bosco ci fece passare un po’ di anni felici e tranquilli i miei genitori erano contenti, finalmente si poteva stare un po’ larghi e soli.
La casa serviva anche per le grandi feste, come il Santo Natale, il capodanno, si divertivano un mondo, suonavano, ballavano, bevendo e mangiando quel poco che avevano preparato giorni prima in occasione delle grandi feste che stavano arrivando. All’epoca c’era più felicità di oggi, i più grandi si divertivano con pochissimo, trovavano mille modi per divertirsi, faceva gara chi saltava il più lontano, chi più in lato, chi centrava un albero piccolissimo con un coltello oppure un mannarino, chi buttava più lontano un grande sasso, chi alzava il masso più grande, si divertivano in mille modi, e noi bambini correvamo sempre in giro nel bosco, c’erano dei serpenti, scorpioni, dei altri animali che chiamavamo “mangia patate” avevano dei corni grandissimi, ci giocavamo quasi sempre, sia con serpenti che con gli altri animali. Ma il nostro gioco preferito era ai cow boy e indiani oppure ai spadaccini, “i tremoschettieri” , ci costruimmo dei archi e frecce per quando giocavamo agli indiani e spade e coltelli quando giocavamo ai moschettieri.
I miei cugini più grandi giocavano ai Sinti, cioè si costruivano delle piccole roulot con due ruote di carrozzine e la faigite, e giocavano che erano una famiglia di Sinti sposati, cucinavano e mangiavano davvero come se fossero una famiglia adulta. Erano i più furbi, giocavano sempre con le donne, e noi più piccoli non capivamo il perchè.
Era lì, in Via San Maurizio che incominciò la scuola per me e i miei cugini, era mio padre che ci accompagnava a scuola, con un pulmino giallo, con la scritta “scuolabus”.
Anche se all’epoca la scuola ci sembrava bella, oggi mi vengono in mente tanti fatti discriminanti. Quasi tutti noi frequentavamo regolarmente le lezioni, anche se erano pochissimi i maestri che lavoravano con impegno e pazienza, al contrario i maestri che non gli interessava se studiavano e imparavano qualcosa, erano la grande maggioranza, non gli importava se alla fine dell’anno c’erano dei risultati, positivi o negativi, se erano bocciati o se dovevano ripetere la stessa classe anche l’anno dopo.
La scuola era situata a due piani, al primo piano c’eravamo noi Sinti, al secondo i bambini Gage, non si poteva per nessun ragione al mondo andare al secondo piano, era proibito sia per i Sinti che per i Gage scendere al primo piano, non potevamo frequentarci o parlarci, perfino quando c’era la ricreazione all’aperto o la pausa panino/colazione non si poteva uscire insieme, non si poteva giocare insieme a pallone o qualsiasi altro gioco, si lasciava la classe soltanto a turno, prima i Gage dopo…solo dopo, potevamo uscire noi Sinti, le lezioni non finivano parallelamente, ma singolarmente.
Grazie a quegli insegnamenti, le rare volte che ci potevamo vedere, i bambini Gage imparavano a deriderci e a prenderci in giro davanti a tutti, chiamandoci con disprezzo “zingari, zingari” e in altri mille modi diversi, e così con la demoralizzazione nel cuore, noi ci difendevamo tante volte arrivavamo anche a fare botte, creammo delle piccole bande tra Sinti e Gage, avevamo un accordo per incontrarci di nascosto a fare botte, lotte tra bambini adolescenti di un’età fra i 6 e 11 anni.
Bambini ancora piccoli, piccoli al punto che non potevamo sapere che cosa era l’odio e la cattiveria, ma avevamo la certezza che era il modo giusto, perché insegnato dagli stessi genitori.
Ma il più strano era che quando i maestri arrivavano a dividerci, non sgridavano o davano la colpa a tutti i bambini, ma solo e sempre nostra, perciò ancora piccoli sapevamo già che non eravamo ben accettati, crescevano con la consapevolezza d’essere malvisti odiati e derisi.
Quando avevamo capito tutto questo, incominciammo a giocare da soli, il pallone era il gioco più frequente a scuola, appena uscivamo alla pausa ricreazione, giocavamo subito a palla, e quelli che non potevano giocare a pallone giocavano i giochi insegnatoli dai maestri, come salto in alto, in lungo, e tanti altri giochi che si potevano fare sia con maschi e femmine, a parte tutto il resto era bello andare a scuola, o provato a stare a casa dicendo che ero ammalato, ma poi mi pentivo pensando ai altri che erano tutti a scuola e io solo a casa.
Allora mi sono messo a studiare, mi piaceva molto, anche se qualche volta litigavo con certi maestri mi piaceva lo stesso.
Eravamo in due della mia classe che dovevamo andare alle scuole medie, ma pensavamo come era difficile andare d’accordo con i bambini Gage e che eravamo solo in due in mezzo a tantissimi bambini Gage, non ci siamo andati, io o preferito andare a scuola per un altro anno alla quinta elementare.
Nella scuola ci avevano insegnato vari temi, e c’era anche il catechismo, perciò con altri bambini Sinti, prendemmo la prima comunione, non mi ricordo quanti anni avevo e nemmeno come era, in mezzo a noi c’era anche mia sorella più grande. Quando si tornava a casa eravamo ancora più felici, ci mettevamo subito a giocare in mezzo al bosco, non ci importava se stava diventando notte e non si vedeva quasi niente, importava solo divertirci e basta. Solo quando ci chiamavano per mangiare tornavamo a casa, mangiavamo e poi guardavamo la televisione, la televisione…era in bianco e nero, quando la comprata mio padre, per noi era una grande sorpresa, era bellissima, la comprata appena finito la costruzione della casetta in mezzo al bosco, era la prima televisione che vedevamo, immaginate la nostra gioia, anche noi avevamo una televisione in casa, e anche se noi bambini potevamo vedere solo fino al Carosello, poi dovevamo andare a dormire, ma per noi andava bene, eravamo contenti lo stesso.
Era l’unico televisione della mia famiglia allargata, cioè nonni zii e cugini, quando facevano vedere un bel filmato di cow boy allora tutti si sedevano per seguire il film, chi sulle poche sedie, chi per terra.
Penso che i miei anni più belli fossero proprio in quei anni in Via San Maurizio, o tantissimi bei ricordi di quella via.
Mi ricordo che era la prima volte che mi sono innamorato, avevo si o no, sei o sette anni, incomincio così, un bel giorno arrivarono dei camion e una bella macchinona, erano dei Gage che vennero a stabilirsi vicino a noi, si presero un posto e si misero subito a lavorare, con le ruspe fecero un piccolo piazzale, e subito incominciarono a costruire una casa di cemento e mattoni, era stretta ma molto lunga, in un batter d’occhio la costruirono, da quel che mi ricordo in un po’ di giorni la finirono con arredamento competo, camere cucine salotto tutto quello che serviva per una casa, vennero ad abitarci appena finito l’arredamento.
Era una famiglia abbastanza grande, mi sembra che c’erano due figli maschi tre o quattro femmine, e tra quelle femmine c’era quella che mi ha fatto innamorare, una bellissima bambina mora, ma il bello era che non mi sono mai dichiarato, lei non sapeva niente, anzi non mi guardava nemmeno.
Un giorno tornando da scuola mi sono deciso di dirglielo, ma non a voce, perchè ero molto timido, allora scrissi una letterina, e misi all’interno un piccolissimo giocattolo, ma la disgrazia di avere sette sorelle mi impedì di recapitare la letterina, una delle mie sorelle mi vide che nascondevo qualcosa, riuscì a trovarla ance se io la nascosi, l’apri e la letta davanti a tutti, io rosso dalla vergogna scappai fuori da casa in mezzo al bosco pieno di rabbia contro mia sorella, li fini il mio primo amore.
Ma la vita continuava, giocavamo e studiavamo come tutti i bambini dell’età di tutto il mondo di 6 - 10 anni, l’inverno per noi era duro, all’epoca la neve cadeva sempre, anche se a noi bambini piaceva per i nostri famigliari non era facile, perchè loro dovevano andare a lavorare, le donne andavano a vendere dei centrini, asciugamani, tovaglie ecc, andavano a piedi, chi fino in centro città e ci preferiva andare sulla montagna dai contadini, che gli davano patate, latte, burro e altro, in cambio di tovaglie o mano d’opera per aiutare in casa a pulire ecc.
Gli uomini andavano a suonare davanti alle case, scuole, uffici ecc, e di notte nei locali come taverne, bar, ristoranti cantine ecc, ecc.
Solo mio padre aveva due lavori diversi, un era che ci portava a scuola con un pulmino, e l’altro la sera andava a suonare con il violino nei locali di paesi, città ecc.
Ma a noi non ci interessava, noi pensavamo solo a giocare, l’inverno ancora meglio, ci costruivamo delle slitte con i coperchi dei fornelli a gas da cucina, ci salivamo e via…fino all’arrivo, non ci importava se ci facevamo male, importante era giocare e divertirci.
Finito l’inverno, finiva anche la scuola, si doveva partire per lavorare, i miei dovevano cercare posti di turismo per suonare e guadagnare di più, io era contento perchè o si andava al mare oppure al lago, del Garda, di Como oppure al lago Maggiore, ma per me era uguale perchè mi piaceva nuotare, ma a mio padre piaceva andare all’estero, gli piaceva conoscere altri stati, paesi nuovi, dove non c’era mai stato.
La mia famiglia era cattolica, seguiva la chiesa, d’accordo con il parroco, la mia famiglia incomincio ad andare in pellegrinaggio a Lourdes in Francia, a trovare la Madonna, in quel posto sembrava di essere in un'altra dimensione, c’era tanto silenzio, anche se c’erano migliaia di persone, il silenzio era immenso, si sentiva solo le persone che pregavano, chi in piedi e chi in ginocchio davanti alla statua della Madonna. Proprio in paese avevano allestito un grande piazzale attrezzato con bagni docce wc, dove potevamo accamparci con le nostre roulot, penso che era comunale, ed era attrezzato apposta per noi Sinti, c’era anche un grande palco per la musica, c’erano tantissimi Sinti arrivavano dalla Germania, dalla Svizzera, dall’Austria, dalla Spagna, arrivavano da tutta l’Europa per pregare in pellegrinaggio per la Madonna di Lourdes.
Chi con le roulot, camion, carri, corriere, autobus, per le famiglie che non avevano posto per dormire, c’era pronta una grande tenda militare, e una di quella tenda fu data anche a noi perchè eravamo una famiglia numerosa, mi ricordo un fatto che non mi dimenticherò mai, la mattina verso mezzogiorno, mio fratello e mio cugino andarono a prendere l’acqua con dei bidoni di latta, tornando indietro cominciarono a battere sui bidoni con dei legni e incominciarono a cantare, (mio fratello cantava molto bene), e cantava sempre più bene e forte, tutto d’un tratto lo seguirono diversi Sinti, più cantava e più diventavano i Sinti che li seguivano, qualcuno incomincio a gridare che era “Antovan” ( un cantante Francese di successo) allora tutti diventavano matti, mio fratello e cugino dovettero scappare, la folla diventò immensa, li seguirono fino alla nostra tenda, tutti volevano che mio fratello cantava, c’erano perfino donne con i piatti in mano, ancora insaponati, allora mio fratello costretto a cantare, prese la chitarra, si mise sopra il tetto della macchina e cantò, dovette cantare parecchie canzoni per calmare il pubblico, e dovette promettere che cantava la sera sul palco.
Infatti tutti i Sinti non erano venuti solo per pregare per la Madonna, ma erano venuti anche incontrare vecchi amici, per divertirsi e cimentarsi, fra Sinti e Gage.
Arrivò la sera, e tutti i Sinti si stavano esibendo, tutti i musicisti d’Europa erano pronti a cimentarsi, a confrontarsi, c’erano i violinisti più bravi e famosi, chitarristi e cantanti migliori, che facevano a gara chi cantava e suonava meglio, in mezzo a questi gruppi c’erano anche mio cugino, mio Padre e mio fratello, due violini un chitarrista e cantante, la musica che suonavano gli altri era quasi tutta Jezz, i miei famigliari suonarono sempre la stessa loro musica, musica Ungherese, la Tzardas, che alla maggioranza dei Sinti e Gage piacque molto.
Finito il concerto incomincio la Via Crucis, tutti i Sinti andarono a pregare sulla “Via Crucis” con delle candele coperte da una carta, con impressa l’immagine della Madonna o di Gesù, era la strada ricostruita, che Gesù fece quando lo mettevano in croce, all’epoca si contavano circa 4-5 mila Sinti provenienti da tutte le parti d’Europa. Ma non fu solo il primo anno, dopo quella prima volta, ci andavamo tutti gli anni.
Eravamo accampati all’inizio di un bellissimo bosco, un giorno vennero delle ruspe mandate dal Comune “almeno credo” tutti noi bambini eravamo molto curiosi, ci piaceva vedere e correre intorno alle ruspe, siccome eravamo in molti e all’inizio del bosco non ci stavamo, allora vennero a fare una strada che portò all’interno del bosco, era un bosco di montagna, perciò fecero una strada in salita piana di curve, fecero delle piccole piazzole per metterci con le nostre roulot, mio padre si andò a mettere alla fine della strada, fino in cima, si fece una piazzola in mezzo alle piante, mi ricordo che mio padre e mio zio, si misero a costruire una piccola roulot di faigite, con dei piccoli listelli di legno, era per mio zio, una volta non le compravano come facciamo oggi, li costruivano come volevano loro, noi bambini salivamo ancora prima che la finissero, e mio padre ci sgridava.
Finita la roulot mio padre pian piano cominciò a costruirsi una piccola casetta di legno, mi ricordo perchè eravamo molto contenti di avere una casa tutta per noi, mio padre era molto bravo, così si mise a costruire la casa, tutti gli davano una mano, diventava sempre più bella, e più grande, c’era la camera da letto per i miei genitori con una porta, la cucina ecc. era una bellissima casetta, sembrava una casa di cow boy del west americano. Ma ci mancava l’acqua e la luce, per la luce non mi ricordo come fece mio padre, ma per l’acqua mi ricordo. Mio padre andò a comprare un lunghissimo tubo grande, siccome dalla montagna scendeva un piccolo ruscello, chiamò i miei cugini e i miei fratelli più grandi, fece tirare il tubo fino su sulla montagna, il più alto possibile, dove nessuno andava a sporcare l’acqua, prese un imbuto lo infilò nel tubo, sopra l’imbuto ci mise un retina molto fina, con dei buchi molto piccoli, in un modo che passasse solo l’acqua e non le impurità, costruì una specie di filtro.
Intanto compro anche del cemento, della sabbia, delle tavole e costruì una grande fontana, dove si poteva bere e anche lavare tutto quello che si voleva. Tutti erano contenti, avevamo l’acqua vicinissimo a casa, non occorreva più andare a prenderla con i secchi d’alluminio, molto pesanti nel portare a spalla.
Quella casetta in mezzo al bosco ci fece passare un po’ di anni felici e tranquilli i miei genitori erano contenti, finalmente si poteva stare un po’ larghi e soli.
La casa serviva anche per le grandi feste, come il Santo Natale, il capodanno, si divertivano un mondo, suonavano, ballavano, bevendo e mangiando quel poco che avevano preparato giorni prima in occasione delle grandi feste che stavano arrivando. All’epoca c’era più felicità di oggi, i più grandi si divertivano con pochissimo, trovavano mille modi per divertirsi, faceva gara chi saltava il più lontano, chi più in lato, chi centrava un albero piccolissimo con un coltello oppure un mannarino, chi buttava più lontano un grande sasso, chi alzava il masso più grande, si divertivano in mille modi, e noi bambini correvamo sempre in giro nel bosco, c’erano dei serpenti, scorpioni, dei altri animali che chiamavamo “mangia patate” avevano dei corni grandissimi, ci giocavamo quasi sempre, sia con serpenti che con gli altri animali. Ma il nostro gioco preferito era ai cow boy e indiani oppure ai spadaccini, “i tremoschettieri” , ci costruimmo dei archi e frecce per quando giocavamo agli indiani e spade e coltelli quando giocavamo ai moschettieri.
I miei cugini più grandi giocavano ai Sinti, cioè si costruivano delle piccole roulot con due ruote di carrozzine e la faigite, e giocavano che erano una famiglia di Sinti sposati, cucinavano e mangiavano davvero come se fossero una famiglia adulta. Erano i più furbi, giocavano sempre con le donne, e noi più piccoli non capivamo il perchè.
Era lì, in Via San Maurizio che incominciò la scuola per me e i miei cugini, era mio padre che ci accompagnava a scuola, con un pulmino giallo, con la scritta “scuolabus”.
Anche se all’epoca la scuola ci sembrava bella, oggi mi vengono in mente tanti fatti discriminanti. Quasi tutti noi frequentavamo regolarmente le lezioni, anche se erano pochissimi i maestri che lavoravano con impegno e pazienza, al contrario i maestri che non gli interessava se studiavano e imparavano qualcosa, erano la grande maggioranza, non gli importava se alla fine dell’anno c’erano dei risultati, positivi o negativi, se erano bocciati o se dovevano ripetere la stessa classe anche l’anno dopo.
La scuola era situata a due piani, al primo piano c’eravamo noi Sinti, al secondo i bambini Gage, non si poteva per nessun ragione al mondo andare al secondo piano, era proibito sia per i Sinti che per i Gage scendere al primo piano, non potevamo frequentarci o parlarci, perfino quando c’era la ricreazione all’aperto o la pausa panino/colazione non si poteva uscire insieme, non si poteva giocare insieme a pallone o qualsiasi altro gioco, si lasciava la classe soltanto a turno, prima i Gage dopo…solo dopo, potevamo uscire noi Sinti, le lezioni non finivano parallelamente, ma singolarmente.
Grazie a quegli insegnamenti, le rare volte che ci potevamo vedere, i bambini Gage imparavano a deriderci e a prenderci in giro davanti a tutti, chiamandoci con disprezzo “zingari, zingari” e in altri mille modi diversi, e così con la demoralizzazione nel cuore, noi ci difendevamo tante volte arrivavamo anche a fare botte, creammo delle piccole bande tra Sinti e Gage, avevamo un accordo per incontrarci di nascosto a fare botte, lotte tra bambini adolescenti di un’età fra i 6 e 11 anni.
Bambini ancora piccoli, piccoli al punto che non potevamo sapere che cosa era l’odio e la cattiveria, ma avevamo la certezza che era il modo giusto, perché insegnato dagli stessi genitori.
Ma il più strano era che quando i maestri arrivavano a dividerci, non sgridavano o davano la colpa a tutti i bambini, ma solo e sempre nostra, perciò ancora piccoli sapevamo già che non eravamo ben accettati, crescevano con la consapevolezza d’essere malvisti odiati e derisi.
Quando avevamo capito tutto questo, incominciammo a giocare da soli, il pallone era il gioco più frequente a scuola, appena uscivamo alla pausa ricreazione, giocavamo subito a palla, e quelli che non potevano giocare a pallone giocavano i giochi insegnatoli dai maestri, come salto in alto, in lungo, e tanti altri giochi che si potevano fare sia con maschi e femmine, a parte tutto il resto era bello andare a scuola, o provato a stare a casa dicendo che ero ammalato, ma poi mi pentivo pensando ai altri che erano tutti a scuola e io solo a casa.
Allora mi sono messo a studiare, mi piaceva molto, anche se qualche volta litigavo con certi maestri mi piaceva lo stesso.
Eravamo in due della mia classe che dovevamo andare alle scuole medie, ma pensavamo come era difficile andare d’accordo con i bambini Gage e che eravamo solo in due in mezzo a tantissimi bambini Gage, non ci siamo andati, io o preferito andare a scuola per un altro anno alla quinta elementare.
Nella scuola ci avevano insegnato vari temi, e c’era anche il catechismo, perciò con altri bambini Sinti, prendemmo la prima comunione, non mi ricordo quanti anni avevo e nemmeno come era, in mezzo a noi c’era anche mia sorella più grande. Quando si tornava a casa eravamo ancora più felici, ci mettevamo subito a giocare in mezzo al bosco, non ci importava se stava diventando notte e non si vedeva quasi niente, importava solo divertirci e basta. Solo quando ci chiamavano per mangiare tornavamo a casa, mangiavamo e poi guardavamo la televisione, la televisione…era in bianco e nero, quando la comprata mio padre, per noi era una grande sorpresa, era bellissima, la comprata appena finito la costruzione della casetta in mezzo al bosco, era la prima televisione che vedevamo, immaginate la nostra gioia, anche noi avevamo una televisione in casa, e anche se noi bambini potevamo vedere solo fino al Carosello, poi dovevamo andare a dormire, ma per noi andava bene, eravamo contenti lo stesso.
Era l’unico televisione della mia famiglia allargata, cioè nonni zii e cugini, quando facevano vedere un bel filmato di cow boy allora tutti si sedevano per seguire il film, chi sulle poche sedie, chi per terra.
Penso che i miei anni più belli fossero proprio in quei anni in Via San Maurizio, o tantissimi bei ricordi di quella via.
Mi ricordo che era la prima volte che mi sono innamorato, avevo si o no, sei o sette anni, incomincio così, un bel giorno arrivarono dei camion e una bella macchinona, erano dei Gage che vennero a stabilirsi vicino a noi, si presero un posto e si misero subito a lavorare, con le ruspe fecero un piccolo piazzale, e subito incominciarono a costruire una casa di cemento e mattoni, era stretta ma molto lunga, in un batter d’occhio la costruirono, da quel che mi ricordo in un po’ di giorni la finirono con arredamento competo, camere cucine salotto tutto quello che serviva per una casa, vennero ad abitarci appena finito l’arredamento.
Era una famiglia abbastanza grande, mi sembra che c’erano due figli maschi tre o quattro femmine, e tra quelle femmine c’era quella che mi ha fatto innamorare, una bellissima bambina mora, ma il bello era che non mi sono mai dichiarato, lei non sapeva niente, anzi non mi guardava nemmeno.
Un giorno tornando da scuola mi sono deciso di dirglielo, ma non a voce, perchè ero molto timido, allora scrissi una letterina, e misi all’interno un piccolissimo giocattolo, ma la disgrazia di avere sette sorelle mi impedì di recapitare la letterina, una delle mie sorelle mi vide che nascondevo qualcosa, riuscì a trovarla ance se io la nascosi, l’apri e la letta davanti a tutti, io rosso dalla vergogna scappai fuori da casa in mezzo al bosco pieno di rabbia contro mia sorella, li fini il mio primo amore.
Ma la vita continuava, giocavamo e studiavamo come tutti i bambini dell’età di tutto il mondo di 6 - 10 anni, l’inverno per noi era duro, all’epoca la neve cadeva sempre, anche se a noi bambini piaceva per i nostri famigliari non era facile, perchè loro dovevano andare a lavorare, le donne andavano a vendere dei centrini, asciugamani, tovaglie ecc, andavano a piedi, chi fino in centro città e ci preferiva andare sulla montagna dai contadini, che gli davano patate, latte, burro e altro, in cambio di tovaglie o mano d’opera per aiutare in casa a pulire ecc.
Gli uomini andavano a suonare davanti alle case, scuole, uffici ecc, e di notte nei locali come taverne, bar, ristoranti cantine ecc, ecc.
Solo mio padre aveva due lavori diversi, un era che ci portava a scuola con un pulmino, e l’altro la sera andava a suonare con il violino nei locali di paesi, città ecc.
Ma a noi non ci interessava, noi pensavamo solo a giocare, l’inverno ancora meglio, ci costruivamo delle slitte con i coperchi dei fornelli a gas da cucina, ci salivamo e via…fino all’arrivo, non ci importava se ci facevamo male, importante era giocare e divertirci.
Finito l’inverno, finiva anche la scuola, si doveva partire per lavorare, i miei dovevano cercare posti di turismo per suonare e guadagnare di più, io era contento perchè o si andava al mare oppure al lago, del Garda, di Como oppure al lago Maggiore, ma per me era uguale perchè mi piaceva nuotare, ma a mio padre piaceva andare all’estero, gli piaceva conoscere altri stati, paesi nuovi, dove non c’era mai stato.
La mia famiglia era cattolica, seguiva la chiesa, d’accordo con il parroco, la mia famiglia incomincio ad andare in pellegrinaggio a Lourdes in Francia, a trovare la Madonna, in quel posto sembrava di essere in un'altra dimensione, c’era tanto silenzio, anche se c’erano migliaia di persone, il silenzio era immenso, si sentiva solo le persone che pregavano, chi in piedi e chi in ginocchio davanti alla statua della Madonna. Proprio in paese avevano allestito un grande piazzale attrezzato con bagni docce wc, dove potevamo accamparci con le nostre roulot, penso che era comunale, ed era attrezzato apposta per noi Sinti, c’era anche un grande palco per la musica, c’erano tantissimi Sinti arrivavano dalla Germania, dalla Svizzera, dall’Austria, dalla Spagna, arrivavano da tutta l’Europa per pregare in pellegrinaggio per la Madonna di Lourdes.
Chi con le roulot, camion, carri, corriere, autobus, per le famiglie che non avevano posto per dormire, c’era pronta una grande tenda militare, e una di quella tenda fu data anche a noi perchè eravamo una famiglia numerosa, mi ricordo un fatto che non mi dimenticherò mai, la mattina verso mezzogiorno, mio fratello e mio cugino andarono a prendere l’acqua con dei bidoni di latta, tornando indietro cominciarono a battere sui bidoni con dei legni e incominciarono a cantare, (mio fratello cantava molto bene), e cantava sempre più bene e forte, tutto d’un tratto lo seguirono diversi Sinti, più cantava e più diventavano i Sinti che li seguivano, qualcuno incomincio a gridare che era “Antovan” ( un cantante Francese di successo) allora tutti diventavano matti, mio fratello e cugino dovettero scappare, la folla diventò immensa, li seguirono fino alla nostra tenda, tutti volevano che mio fratello cantava, c’erano perfino donne con i piatti in mano, ancora insaponati, allora mio fratello costretto a cantare, prese la chitarra, si mise sopra il tetto della macchina e cantò, dovette cantare parecchie canzoni per calmare il pubblico, e dovette promettere che cantava la sera sul palco.
Infatti tutti i Sinti non erano venuti solo per pregare per la Madonna, ma erano venuti anche incontrare vecchi amici, per divertirsi e cimentarsi, fra Sinti e Gage.
Arrivò la sera, e tutti i Sinti si stavano esibendo, tutti i musicisti d’Europa erano pronti a cimentarsi, a confrontarsi, c’erano i violinisti più bravi e famosi, chitarristi e cantanti migliori, che facevano a gara chi cantava e suonava meglio, in mezzo a questi gruppi c’erano anche mio cugino, mio Padre e mio fratello, due violini un chitarrista e cantante, la musica che suonavano gli altri era quasi tutta Jezz, i miei famigliari suonarono sempre la stessa loro musica, musica Ungherese, la Tzardas, che alla maggioranza dei Sinti e Gage piacque molto.
Finito il concerto incomincio la Via Crucis, tutti i Sinti andarono a pregare sulla “Via Crucis” con delle candele coperte da una carta, con impressa l’immagine della Madonna o di Gesù, era la strada ricostruita, che Gesù fece quando lo mettevano in croce, all’epoca si contavano circa 4-5 mila Sinti provenienti da tutte le parti d’Europa. Ma non fu solo il primo anno, dopo quella prima volta, ci andavamo tutti gli anni.
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